Non saranno gli sgomberi a fermare i nostri sogni!

omniaQuesta mattina, approfittando del weekend ferragostano – come i ladri di appartamento – le “forze dell’ordine” hanno sgomberato Communia, l’esperienza romana di occupazione e recupero delle ex-Fonderie Bastianelli, abbandonate al degrado e alla speculazione nel cuore del quartiere popolare di san Lorenzo.
L’esperienza di Communia da diversi mesi aveva fatto rivivere un pezzo del quartiere San Lorenzo con le sue attività culturali (culminate nel partecipato festival della rivista Letteraria), sociali (mutuo soccorso, gruppi di acquisto solidale), studentesche (un’aula studio aperta a tutte le ore), politiche (in difesa dell’acqua pubblica e dei beni comuni, per una nuova finanza pubblica), contro ogni discriminazione (con una partecipazione al Pride romano e attività contro il patriarcato)…..

Ancora una volta la sola risposta che viene da istituzioni – sia quelle elettive che quelle giudiziarie – è quella della chiusura forzata, della distruzione di un’esperienza. Ma questo progetto non potrà essere distrutto da uno sgombero: vivrà ancora nelle relazioni sociali che si sono create, nelle attività che sono state programmate, nelle donne e negli uomini che hanno sognato e praticato alternativa e autogestione.

Il collettivo Ri-Make di Milano – anch’esso da poco privato del cinema Maestoso recuperato ad uso sociale – esprime la sua vicinanza, solidarietà, complicità con Communia e la sua esperienza. Sappiamo che anche per loro vale quanto abbiamo detto dopo lo sgombero milanese: coming soon… Arrivederci a presto: sogni, bisogni, progetti non si sgomberano – vivono ancora nelle strade che percorriamo insieme.

Collettivo Ri-Make
Occupy Maflow

Sempre e comunque NoTAV

In Val di Susa da vent’anni si lotta contro la costruzione della linea TAV Torino-Lione, “non per presa di posizione, ma per l’esistenza stessa di un territorio”, come il movimento stesso dice da sempre. Da vent’anni si lotta contro l’ennesima grande opera inutile in cantiere in Italia, dove la speculazione sugli appalti e i giochi finanziari giustificano la cementificazione selvaggia, il consumo di suolo, la distruzione e lo sradicamento di una comunità che non può nemmeno opporsi perché, quando lo fa, viene accusata di “terrorismo ed eversione”.

Gli 87 comuni francesi interessati non hanno ancora visto le carte del progetto, poiché in Francia non esistono: lì i lavori per il tunnel non inizieranno prima del 2024, ma solo se l’Italia ne dimostrerà la fattibilità reale. Dei 25 comuni italiani, 24 hanno votato contro il tunnel. Una comunità intera si è organizzata, con il supporto di migliaia di persone che si sono mobilitate con lei e contro i lavori di costruzione avviati. A causa, o con la scusa, di questa mobilitazione che è divenuta permanente i cantieri, un’intera valle quindi, sono stati militarizzati, in un clima di tensione e repressione crescente, arrivando anche a misure ritorsive nei confronti dei manifestanti.

E così l’accusa di oggi dovrebbe stupire, ma la condizione di stupore è passata da anni e quella che resta è l’indignazione e la voglia di lottare.

Come il 3 luglio di due anni fa, quando le forze dell’ordine hanno picchiato a freddo due manifestanti e la Procura di Torino ha aspettato quasi un anno per rendere pubblici i documenti del processo. Un processo che ora vuole archiviare dicendo che, forse, le botte c’erano state, ma i due ragazzi potevano essersi feriti cadendo mentre venivano arrestati.

O come il 27 febbraio dell’anno scorso, quando le stesse forze dell’ordine hanno iniziato a sgomberare le baite, permettendo alle ditte interessate di iniziare i lavori di recinzione del cantiere, fatto che oltre ad essere illegittimo è pure illegale, in quanto il progetto definitivo dell’opera non è mai stato approvato e nessuno, o quasi, l’ha visto.

Per non parlare dei dossier sugli abusi delle forze di polizia, sulla collusione tra imprese locali e ‘ndrangheta, sulla pericolosità del sito per gli affioramenti di amianto. Ad essere fermati, anche questa volta, non sono stati i lavori ma i manifestanti. È iniziato anche il famoso maxiprocesso: da una parte 52 attivisti accusati, dall’altra 80 parti civili. Tra queste voleva finirci anche la Presidenze del Consiglio dei Ministri perché, dopotutto, “il movimento NoTAV ha causato all’Italia un danno d’immagine internazionale”.

È stato stilato anche un corposo quanto dubbio documento in 14 punti sull’utilità strategica della TAV Torino-Lione, in cui il governo diceva: “portiamo l’Europa in Italia”. “Portiamo la valle in città” hanno risposto i NoTav e le manifestazioni non si sono fermate, le bocche non si sono chiuse. Nemmeno quelle con le  labbra rotte, come quelle di Marta, che il 20 luglio è stata manganellata e molestata dalla polizia perché protestava. Non si fermano nemmeno adesso, se pensiamo alle abitazioni perquisite, ai 6 ragazzi agli arresti e ai 12 accusati di terrorismo, i quali rischiano pene di più di vent’anni per essersi opposti.

Il 30 luglio almeno 2000 persone si sono trovate a Bussoleno per manifestare contro le accuse, il presidio si è trasformato in un corteo ed il corteo in una festa, che è andata avanti per un giorno intero. Decine di città italiane hanno risposto e si sono mobilitare scendendo in piazza: anche oggi, la valle non si arresta.