F.I.CO. incenerito

fico_ok_coldi Simone Febbo

F.I.CO., Fabbrica Italiana COntadina, è la nuova idea di impresa che rilancerà le magnifiche sorti e progressive del Bel Paese, proponendosi come nuovo modello produttivo da imitare e riprodurre. La tradizionale produzione manifatturiera delocalizza e lascia sul campo milioni di disoccupati; la nuova fabbrica basata sulla cultura, sulle risorse naturali e paesaggistiche, sul turismo cultural-alimentare, sul made in Italy, definisce i suoi modelli di riferimento e promette occupazione, crescita, il tutto in salsa bio-eco-sostenibil-compatibile. Per una FIAT (oggi FCA) che va, un F.I.CO. che arriva. La soluzione alla crisi è a portata di mano, la via di uscita chiaramente indicata dai nuovi condottieri, che mettono a disposizione la propria professionalità, la propria esperienza, le proprie risorse per ridar vento alle vele: siamo tutti sulla stessa barca e la nostra salvezza dipende da questi nuovi benefattori.

Ma cos’è esattamente il progetto F.I.CO., anche detto Eatalyworld? F.I.CO. nasce da un’idea di Andrea Segrè presidente del Caab (Centro Agro-Alimentare Bologna) e preside della facoltà di Agraria; per rilanciare l’attività del Caab, società a prevalente capitale pubblico (comune 80%, regione e provincia circa 15%, privati circa 5%), indebitata verso il comune stesso per circa 25 mln €, Segrè pensa a un mega parco tematico del cibo. E chi coinvolgere se non il guru dell’agroalimentare italiano, l’imprenditore piemontese, amico di Chiamparino e sostenitore di Renzi, famoso in tutto il mondo: Oscar Farinetti, patron di Eataly azienda leader del settore agroalimentare di prestigio ed eco, , è l’uomo giusto.

Il parco si occuperà di cibo dal ” forcone” alla “forchetta”, cioè dalla produzione al consumo, occupando un’area di 80000 mq destinati a ospitare piantagioni, serre, spazi di lavorazione, stoccaggio, conservazione, vendita e consumo; il tutto ricoperto da una spruzzatina di tradizione contadina, cibo sano, filiera corta, cemento zero e sostenibilità ambientale. Temi sensibili, utilizzati in modo intelligente dalla propaganda mediatica, per presentare l’opera come l’occasione da non perdere.

Il piano finanziario prevede un costo complessivo di 100 mln €: 45 mln saranno a carico di soci privati, 55 mln invece direttamente dal Caab, sotto forma di capitale immobiliare. Il progetto, che non è mai comparso tra quelli sottoposti al dibattito cittadino nel fumoso processo di costruzione partecipata della futura città metropolitana, è stato intenzionalmente tenuto lontano dai riflettori fino all’approvazione in consiglio comunale della delibera di giunta n. 365/2013 del 1 luglio; con questa delibera è stata avallata la decisione di Caab di realizzare il mega parco tematico del cibo, affidando la concessione di gestione per 40 anni a un Fondo immobiliare costituito dalla SGR (Società di Gestione del Risparmio) Prelios, attraverso una Operating Company, di cui deterrà il 100% delle quote; questa avrà “la titolarità delle licenze commerciali e sottoscriverà un contratto di general contrat con Eataly, alla quale verrà affidata la progettazione degli interventi edilizi e della realizzazione degli investimenti, nonché un contratto di consulenza gestionale, sempre con Eataly, che svolgerà inoltre le attività di selezione degli operatori insediati nel Centro e le attività di promozione commerciale, operando anche direttamente all’interno del Centro, sia attraverso la vendita di prodotti alimentari, sia attraverso la ristorazione e la gestione di spazi espositivi e divulgativi”. Una volta approvata la delibera, Eataly, definita dalla stessa come “partner ideale ed insostituibile per un’iniziativa di valorizzazione del Centro Agro-alimentare”, si ritrova a gestire 55 mln € di ricchezza pubblica, investendo appena 1 mln, forse 2 mln; le restanti quote arrivano dal mondo dell’impresa e della finanza vicine a Farinetti: 5 mln da Banca Imi-San Paolo (Chiamparino è il presidente di fondazione San Paolo), 3 mln dalle coop bianche guidate da Emil Banca e Confcooperative, 1 mln da Fondazione Carisbo (Carisbo fa parte del gruppo Imi-San Paolo), 1 mln dalla Cassa dei periti agrari, 1 mln dall’azienda del presidente della Camera di commercio Giorgio Tabellini; ma il contributo privato maggiore arriva da Coop Adriatica, già socia di Eataly al 40 %, e leader della GDO, che investirà tra i 10 e i 15 mln € con l’obiettivo di avvicinare “anche fisicamente Bologna e l’Expo di Milano” (dalla rivista CON destinata ai consumatori soci coop); si dovrebbero infine aggiungere cifre importanti in arrivo dai fondi stranieri, tra cui il fondo sovrano di Hong Kong The Link”.

Dopo l’estate scorsa, approvato il progetto, è partito il bombardamento mediatico, soprattutto attraverso la stampa locale; classe politica, imprese e finanza della città hanno salutato il progetto F.I.CO. come il volano necessario per far ripartire l’economia. In questo modo un progetto deliberato in sordina solo pochi mesi prima viene lanciato e propagandato come opera strategica, la cui realizzazione dovrà essere veloce e senza ostacoli, proprio perché F.I.CO. deve nascere alla fine del 2015, subito dopo la chiusura di Expo: “dobbiamo assolutamente essere pronti per quando finirà l’esposizione milanese perché dovremo prenderne il testimone” ribadisce Segré. Non certo un caso; anzi nelle dichiarazioni degli ideatori, F.I.CO. rappresenta la naturale appendice permanente del grande evento di esposizione che si svolgerà a Milano da maggio a ottobre 2015. Su questo non possiamo certo essere in disaccordo: da una parte il grande evento, dall’altra la grande opera. Entrambi presentati come eventi salvifici e quindi imprescindibili: costruiti attorno a temi sensibili per l’opinione pubblica come il cibo, l’alimentazione sana, la fame nel mondo, la sostenibilità ambientale; dipinti come occasioni per consentire a migliaia di giovani di fare il loro ingresso nel mondo del lavoro; connotati da uno stretto legame tra impresa e università e mondo della formazione in genere; insomma scossoni economici in grado di far ripartire l’economia italiana.

Allora perché opporsi a Expo e perché opporsi a Exbo-F.I.CO.? Per quanto riguarda Expo rimandiamo agli articoli pubblicati in questo sito, mentre per F.I.CO. proviamo a soffiare sulla foglia per sollevarla e scoprire cosa in realtà nasconde.

Partiamo dal piano economico. F.I.CO. è un’opera gestita da privati, ma a capitale prevalente pubblico; i profitti saranno privati, mentre Caab, quindi il comune, quindi noi, saremo ripagati con oneri di concessione che dipenderanno dagli utili dell’attività. Ma secondo i promotori al beneficio economico diretto dovranno sommarsi i benefici economici indiretti, che ricadranno sull’intera città, tant’è che la delibera del comune recita: “…. la valorizzazione dell’area di cui trattasi, che potrà derivare dalla realizzazione del progetto proposto da CAAB s.c.p.a., sia di grande interesse non solo per la società proponente ma anche e soprattutto per l’intera città di Bologna per la maggiore attrattività turistica e culturale che può determinare”; come se la realizzazione di questo progetto con attività di produzione agricola, shopping eno-gastronomico e ristorazione (previsti 30 ristoranti nella stessa area!!) possa rappresentare una reale occasione di valorizzazione del territorio e delle sue specificità e non l’ennesima mega-vetrina in perfetto stile centro-commerciale, perché tale sarà F.I.CO.

Sul piano dell’occupazione si parla di circa 1500 posti di lavoro direttamente collegati alle attività di F.I.CO., a cui aggiungere circa 3500 posti dell’indotto: cifre variabili, oggetto di rettifiche, aggiustamenti quotidiani. Aldilà del numero valutiamo la qualità di questi posti; se il modello è quello dei centri Eataly esistenti, nel migliore dei casi un dipendente avrà un contratto a termine con reddito di 800€, lavorando 40 ore a settimana, comprese le domeniche se necessario; oppure, come è successo a Bari, contratti interinali utilizzati ben oltre il limite consentito dalla legge. Ma probabilmente accadrà ciò che sta accadendo per Expo, vero e proprio laboratorio di occupabilità; i posti di lavoro retribuito creati saranno circa 640, mentre risultano di tipo volontaristico, cioè a costo zero, circa altri 18.500 contratti (si parla di 500 volantari al giorno per l’accoglienza dei visitatori); non sarà difficile riprodurre all’interno di Exbo forme simili se ad essere utilizzati saranno ad esempio studenti universitari e ricercatori della facoltà di Agraria, costretti a prestazioni lavorative non retribuite mascherate da stage formativi.

Sul piano ambientale i sostenitori di F.I.CO. sottolineano l’importanza della produzione agro-alimentare di qualità, biologica, basata sulla filiera corta, sul rispetto delle risorse e delle tradizioni. Ma quale beneficio può essere veicolato da un’opera che, per come pensata, riprodurrà intere filiere produttive (pasta, pane, riso, olio, vino, carne, pesce) concentrate in un unico spazio artificiale, su un terreno oggi ricoperto di cemento, omogeneo e privo di qualsiasi affinità con i territori nei quali ciascuna coltura-cultura vive un legame profondo con la terra, l’aria, il vento, il sole e le tradizioni. L’idea di GDO (COOP insegna) sarà una delle caratteristiche di F.I.CO. solo in versione meno popolare e più radical-chic.

Non è né popolare, né radical-chic ma semplicemente folle, invece, aver collocato questo grande parco giochi del cibo-sano, ad appena 300 m in linea d’aria dall’inceneritore del Frullo! Farinetti casca dalle nuvole e dice che il tutto è stato deciso a sua insaputa: “Neanche sapevo ci fosse un inceneritore. Lei è il primo che me ne parla. Strano che dopo tante riunioni nessuno mi abbia mai detto niente”, risponde a chi solleva la questione.

Certamente verrà utilizzata energia totalmente prodotta dal più grande parco fotovoltaico d’Europa, presente sulle coperture dei capannoni del Caab; così F.I.CO. utilizzerà energia elettrica a costo ridotto grazie alla fornitura da un impianto realizzato sulle strutture del Caab: energia elettrica pagata dalla collettività due volte, dato che questi impianti sono finanziati con prelievo del 15% direttamente dalle bollette, senza distinzione di reddito.

L’intervento si profila a cemento zero? In realtà se il bilancio riguarda la gestione Caab a partire dal trasferimento avvenuto 10 anni fa dall’area di via Fioravanti e se si considera che questa risulta oggi oggetto di un pesante intervento di urbanizzazione, la cementificazione è già avvenuta. E il consumo di suolo non si arresta dato che la Società Idea Fimit Sgr un anno fa ha presentato un progetto da 180 mln € per un piano di costruzione su 85 mila metri quadrati di terreni ex CAAB di proprietà del Fondo Ariete, controllato dalla Fondazione Carisbo, uno dei soci di F.I.CO. Il piano prevede 45 mila metri quadrati di edilizia libera, (case e appartamenti), 15 mila metri dedicati all’housing sociale (affitti concordati pari ad almeno 500€!!!) e 10 mila destinati a negozi e uffici, un albergo e una clinica. Si tratta delle cosiddette”Aree Annesse Sud”, attualmente aree verdi non coltivate, di proprietà del Caab fino al 2008 e poi svendute alla fondazione Carisbo e subito dopo trasformate da aree produttive ad aree edificabili, con conseguente aumento del valore catastale. Il progetto fermo negli ultimi anni a causa della crisi del settore immobiliare necessita di nuova vitalità, di una scintilla di innesco, di un volano: F.I.CO. è la soluzione.

Infine le infrastrutture, i trasporti: “per fare un F.I.CO. ci vuole un treno. La cosa più importate sono le infrastrutture, ci deve essere il treno veloce che entra qui al Caab, con una stazione carina. Ci devono essere shuttle fichi e belli dal centro, per portare qui i visitatori e riportarli in città”, questo il commento in slang Farinettiano, sollecitato dalle preoccupazioni dell’ex presidente del consiglio Prodi: “Perché un intervento così ambizioso funzioni, occorrono collegamenti “: magari un altro People Mover che dall’aeroporto arrivi al Caab attraverso la stazione AV!

Questa non è la via di uscita dalla crisi; queste proposte sono del tutto compatibili con il sistema che ha prodotto la crisi e continuano a scavare fosse non per piantare alberi ma per seppellire il mondo.

Farinetti ha definito tristi quelle persone che, fuori dal coro, hanno iniziato a individuare elementi di forti criticità della grande opera. Lui non può certo dirsi triste, dato che, in modo del tutto analogo alle grandi industrie della tradizione manifatturiera, come Fiat appunto, sarà alla guida di un’impresa, il cui rischio ricade tutto sulla comunità sia in termini economici (finanziamenti, incentivi, defiscalizzazione), che ambientali.

Queste persone tristi si sono incontrate giovedì scorso in una sala piena (circa 150-200 presenze), si sono confrontate sui motivi di dissenso a F.I.CO. e nello stesso tempo hanno raccontato la loro esperienza: reti di piccoli coltivatori, gruppi di acquisto solidale, spazi sociali, comunità in lotta per l’autodeterminazione alimentare provano a costruire pratiche alternative alle logiche di mercato e a tracciare un percorso in cui intrecciare nodi e sviluppare una riflessione condivisa (http://fogliadifico.noblogs.org/home/)

Demercificare risorse e vite umane, praticare esperienze di riappropriazione della terra e delle risorse, di mutuo-soccorso e autogestione della produzione, nel solco della conversione ecologica, dello sfruttamento zero e della sovranità alimentare, attraverso spazi democratici diffusi e aperti nei territori, dove le comunità decidono come, cosa, dove e per chi produrre: questa è l’unica proposta che può portarci fuori dalla crisi.

articolo tratto dal sito communianet.org

A lotte comuni, vocabolari comuni – #16F #22F e oltre con attitudine NoExpo

Pubblichiamo il comunicato della rete attitudine noexpo di lancio delle giornate del 16 e del 22 febbraio, a difesa dei parchi della città di Milano e non solo, in opposizione a EXPO2015.

1601560_456456084480950_992967718_nScarpe comode, mantella, thermos pieno e la consapevolezza che possiamo ancora dare molto fastidio a EXPO2015, alle imprese che stanno distruggendo i parchi del nord-ovest milanese dando materialità al progetto chiamato Via d’acqua e alla balbettante giunta Pisapia.

Con  questi attrezzi, da più di tre mesi, presidiamo i cantieri aperti dalla Maltauro di Vicenza e dalla Tagliabue  di Paderno Dugnano,  a Parco Trenno come in via Cancano a Baggio o in via Caldera a Quinto Romano; volantiniamo nei mercati dei quartieri interessati e manifestiamo sotto Palazzo Marino o in via Rovello, sede legale di EXPO2015. Lo facciamo perché abbiamo a cuore i parchi cittadini, il diritto alla salute e un’idea di partecipazione che nulla ha a che fare con le dinamiche imposte dal grande evento, incarnate in queste settimane dal sig. Confalonieri -consulente della giunta milanese e scelto dai vertici di EXPO SPA come “delegato dell’andamento delle opere essenziali e delle opere connesse di cui il Comune di Milano è ente aggiudicatore, concedente, stazione appaltante, soggetto attuatore”- il quale, nel più classico dei divide et impera, sta cercando di spaccare il fronte dell’opposizione all’opera proponendo piccole varianti su brevi tratti del tracciato, millantando accordi mai rettificati sul tratto dell’opera interno al parco di Trenno e minacciando il ricorso alla forza con l’intervento di Polizia e Carabinieri.

Questi metodi li conosciamo, li abbiamo già visti in ValSusa, con l’Osservatorio Virano, e Confalonieri ha già avuto la risposta che merita dai presidi che da settimane bloccano i cantieri e dalla determinazione con cui abitanti dei quartieri e attivisti respingono le lusinghe chiamate compensazioni.

E lo ribadiremo domenica 16/02 alle 14.00, partecipando al doppio corteo che dalla MM1 di Bonola e da via Cancano, a Baggio, confluirà al ponte di via Novara per rilanciare in questi quartieri e in tutta la città di Milano la necessità di una presenza continua e numerosa.

Il 16 tracceremo anche un filo comune e una rete di partecipazione che lanci la data di sabato 22/02 quando a Milano, insieme al movimento NoTAV milanese, daremo vita a una giornata di attivismo NoTAV e NoEXPO a difesa di tutte le lotte territoriali e contro il castello accusatorio che, rifacendosi al pacchetto Pisanu del luglio 2005, accusa quattro persone attiviste NoTAV di terrorismo e con queste tutto un radicato movimento popolare e, potenzialmente, lanciando un monito a qualunque tipo di dissenso sociale. In merito alla data del 22/02 arriveranno presto informazioni.

Le occasioni per vederci non mancano.

Con l’attitudine che ci contraddistingue, ci vediamo tutti i giorni sui cantieri,  domenica 16/02 in corteo a Baggio e sabato 22 a Milano.

rete attitudine noexpo

dal sito http://www.inventati.org/noexpo

Perché io decido

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 Continuiamo a parlare di autodeterminazione dei nostri corpi mercoledì 19 febbraio insieme alla femminista catalana Sandra Campañón. Partendo dalla legge Gallardón nello Stato Spagnolo per arrivare alla situazione italiana, i nostri corpi e le nostre vite…

Un giorno solo, due momenti da non perdere!

h 15.30 Gender caffè: incontro pubblico con Sandra Campañón Gutierrez all’Università Statale di Milano (atrio), insieme a dolce, caffè e ammazzacaffè in collaborazione con Ri-Maflow Fabbrica Recuperata (http://rimaflow.it/)

h 20.30 assemblea aperta: verso un 8 marzo di autodeterminazione, con Sandra Campañón Gutierrez (@Pianoterra, via Confalonieri 3)

Per avere maggiori informazioni e nuovi dettagli, continua a seguirci!

Ri-Make – CommuniaNetwork Milano

AteneinRivolta Milano

Le Lucciole (collettivo femminista e LGBIT)

#UniVSExpo presenta: ExpoPolis

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Martedì 11 febbraio alle 10.30, in contemporanea alla presentazione dell’anno accademico, ci si vede tutt* all’Università Statale di Milano (atrio piccolo). Per parlare di Expo e di che cos’è l’università oggi, attraverso ExpoPolis… di e con OffTopic!

Expo 2015 sta distruggendo i nostri territori, le nostre città, smantella servizi, flessibilizza contratti e ora prende possesso della nostra formazione, senza che nessun* possa dire nulla.

I rettori di Università degli Studi di Milano, Bocconi, Bicocca, IULM, San Raffaele, Cattolica e Politecnico hanno sottoscritto un protocollo d’intesa con il Comune per mettere a disposizione spazi, corsi, qualsiasi tipo di supporto a Expo.
Non è servito chiederci il permesso perchè questi sette, SETTE, rettori milanesi firmassero un accordo per costituire un “Comitato scientifico per Expo”, per legare a doppio filo le nostre università e il grande evento che le sta sconvolgendo.
Sono sempre meno le possibilità e gli spazi di autorganizzazione, autogestione, liberazione per chi vive l’università. Le esperienze di cultura dal basso continuano ad essere ostacolate e limitate, nessuno sembra volerne accogliere la richiesta. Gli atenei, intanto, non smettono di piegarsi a logiche di mercato e di messa a profitto, che colpiscono le vite di studenti, giovani, ricercatori, mentre la formazione universitaria è sempre più lontana dalla esigenze dei nostri territori e del tessuto sociale.

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Possono volerci fuoricorso, sfruttati, precari, ma per Expo non ci avranno. Contro questo evento e qualsiasi altra manipolazione dei nostri corsi, della nostre facoltà, della nostra formazione, delle nostre vite, vogliamo aprire nelle università un percorso aperto a tutt*, che contrasti Expo e la sua speculazione.

AteneinRivolta – Milano

12 febbraio: a pranzo con Le Lucciole

Il collettivo femminista e lgbit “Le Lucciole” il 12 febbraio alle 12.30 si ritrova eccezionalmente all’Università Statale di Milano in via Festa del Perdono, per parlare con tutt* quell* che vorranno di sessualità, ruoli imposti e molto altro ancora…

Vieni a pranzo con noi, porta il tuo pasto e condividiamolo!

lucciole

Per info: lucciole@autistiche.org