Grandi opere e megaeventi: liberiamocene – 11-12ottobre2014 Milano

noexpoLe cronache e le inchieste delle ultime settimane hanno rivelato un quadro di corruzione e malaffare che lega tra loro mega-eventi e grandi opere, da Expo al TAV, passando per Mose e la ricostruzione post sisma de L’Aquila.
Le lotte territoriali e i movimenti non hanno avuto bisogno dei tribunali per svelare questo legame, da anni denunciamo che dietro questi grandi progetti che devastano i territori che attraversano e drenano risorse dalle casse dello Stato, esiste un filo comune di logiche e soggetti che speculano e guadagnano.

Nonostante le evidenze, la macchina va avanti, ineluttabile destino che prescinde dalla volontà politica. Ed ecco come per magia che spuntano commissari speciali e leggi ad hoc, mentre qualche testa salta. Ma come sempre l’incantesimo svanisce e tutto torna come prima, criminalizzazione e repressione delle lotte comprese.

Milano, proiettata verso Expo2015, è l’esempio di questo.

L’impotenza del supercommissario Cantone e del sindaco Pisapia di fronte a quanto accade sono segnali chiari: i lavori della via d’acqua ancora appaltati alla corrotta Maltauro sono pronti a ripartire nelle periferie ovest di Milano e stanno scatenando le nuove reazioni dei comitati No Canal. Proteste e blocchi contrastano la costruzioni di nuove inutili autostrade e superstrade previste per Expo, secondo un modello di mobilità che ha già consumato milioni di mq di aree agricole e parchi di cintura attorno a Milano e che sembra non avere fine.

Le migliaia di posti di lavoro promessi si sono tradotti per lo più in stage sotto pagati e volontariato, ossia lavoro a gratis, sfruttamento. Con sempre più decisione, però, cresce nel mondo del lavoro precario, esterno e interno, alla confederazione Cgil-Cisl-Uil e nel mondo studentesco l’opposizione agli accordi su volontariato e lavoro, firmati tra i sindacati ed Expo Spa.

In una Milano sempre più da consumare e meno da vivere, vengono sgomberati a colpi di manganelli spazi occupati della città e abitazioni, esperienze di autogestione e riappropriazione nate per soddisfare quei bisogni che una città abbandonata a pavidi imprenditori non considera degni e a cui risponde con la repressione e l’immaginario della città vetrina (Eataly, Porta Vittoria, Expo).

Allo stesso modo i megaeventi diventano i canali comunicativi favoriti per riaffermare la dicotomia di genere, funzionale ad un sistema di crisi. Si normalizzano corpi, identità, favolosità, al solo scopo di creare fette di mercato “pink”, invece che decostruire ruoli ed identità statiche. Attraverso l’istituzionalizzazione di una gay street in via Sammartini a Milano, viene strumentalizzata la presenza di soggetti lgbtq per coprire con il pinkwashing il disegno comunale di pulizia della città, pensando che aprire le porte al turismo omosessuale ricco, maschile e bianco possa essere sufficiente.

Il modello per cui grandi opere ed eventi agiscono è lo stesso e mira all’arricchimento di pochi, a scapito di una collettività varia e molteplice: la corruzione dietro agli appalti, la speculazione sui terreni, l’incontrollabilità del settore edilizio come bacino di arricchimento, gentrificazione di interi quartieri e cementificazione di parchi ed aree agricole sono gli ingredienti che alimentano quel filo comune che lega Expo e Tav, Expo e Mose, Muos e Dal Molin.

Sarebbe ingenuo, quindi, non vedere che questo legame ne sottende un altro: quello della repressione contro ogni forma di dissenso rispetto a queste maxioperazioni. I recenti arresti di tre compagni di Milano incarcerati con pesanti accuse, in continuità con quelli del 9 dicembre scorso e in concomitanza con l’offensiva estiva del movimento NoTav; i provvedimenti repressivi attuati contro centinaia di attivisti del movimento per il diritto all’abitare: tutti questi sono segnali che, tristemente, ne costituiscono ulteriore conferma. Assistiamo ad una tensione sempre crescente sul piano sociale e politico che è solo l’anticipo di quello che sarà l’autunno a livello nazionale. Ci troveremo infatti nel pieno del semestre italiano di presidenza Ue, le riforme autoritarie e liberiste del governo Renzi saranno in fase di realizzazione e a Milano comincerà la volata finale verso i sei mesi di Expo che si inaugurerà il 1° Maggio 2015. Il capoluogo lombardo diventerà, nostro malgrado, capitale italiana ed internazionale dello “sviluppo”, con il suo corollario di ricette e soluzioni per uscire dalla crisi: Expo2015 dovrebbe rappresentare tutto questo, un enorme contenitore dove c’è spazio per tutti e la cui modernità riguarda tutti. Ma noi abbiamo da tempo imparato a riconoscere e smascherare le menzogne, leggendo dietro gli slogan e la propaganda la continuità di quelle politiche economiche e sociali e di austerity che sventrano territori, privatizzano l’esistente, precarizzano vite, sfrattano corpi negando possibilità alternative di governo del territorio, risparmiano sul costo del lavoro e azzerano lo stato sociale.

La sintesi del nuovo modello di società che ci aspetta si regge su tre pilastri: debito, cemento e precarietà in quantità sempre crescenti, e di questo Expo e le grandi opere diventano volano e simbolo, attraverso l’utilizzo di risorse pubbliche per profitti privati.

Non solo. Cresce la consapevolezza che dietro lo slogan vuoto “nutrire il pianeta” si confermino quelle politiche agroalimentari che negano accesso al cibo e all’acqua, impongono OGM e modelli alimentari utili solo alle multinazionali, tra i primi sponsor dei sei mesi dell’evento Expo 2015.

Un altro dei maggiori finanziatori del mega-evento mostra in questi ultimi giorni il suo vero volto: lo Stato israeliano, che da settimane bombarda e devasta Gaza facendo strage della sua popolazione. Pensiamo che non sia un caso che usi ogni mezzo, apparato e utile occasioni per mistificare la sua natura di Stato occupante e terrorista, in affari con governi ed istituzioni incapaci di imporre alternative alla distruzione/allo sterminio di un popolo.

L’anno che è appena trascorso ha segnato una crescita importante per il movimento NoExpo e in generale per i movimenti sociali di opposizione, non solo per i passi in avanti realizzati, ma soprattutto per la consapevolezza e la capacità di iniziativa di quelle fasce sociali sempre più colpite ed escluse. Smontare e rompere il meccanismo di Expo è un’altra importante tappa cui tutti sono chiamati, proprio per il carattere nazionale dei processi che Expo nasconde: la devastazione, il saccheggio e l’impoverimento dei territori. Ci rivolgiamo a tutti i movimenti, i comitati e i singoli, a chi resiste e a quelli che vogliono costruire una nuova ‘equonomia’ capace di riportare al centro i bisogni delle persone e di fermare la crescente disuguaglianza sociale, per ricomporre le molteplici lotte e costruire insieme un’azione ancora più efficace.

Vogliamo avviare un percorso che porti al 1° maggio 2015 e che vada oltre, lasciando il segno, perchè Expo arriva, devasta e passa, mentre noi viviamo e presidiamo in modo permanente il territorio valorizzandolo con pratiche, partecipazione e alternative concrete.

Sensibili all’agenda politica discussa e uscita negli incontri nazionali tenutisi in ValSusa in queste settimane, i soggetti e le realtà della Rete Attitudine NoExpo hanno deciso di avviare la settimana comune di iniziative con l’appello per una due giorni di mobilitazione contro Expo a Milano, partecipando con lo spezzone territoriale NoExpo al corteo che si terrà il successivo sabato 18 ottobre,nell’ambito della giornata nazionale dei territori resistenti “Stop Evictions – Take the city”.

In particolare convochiamo per sabato 11 ottobre un corteo a Milano, corteo a cui invitiamo tutti i compagni, gruppi,comitati, collettivi,realtà e percorsi vicini alla battaglia politica contro Expo2015 e che in vario modo si sono intrecciati con essa in questi anni, contaminandosi e contaminandola, dentro e oltre la metropoli.
Al corteo di sabato seguiranno domenica 12 ottobre due iniziative: assemblea di incontro, discussione e dibattito per decidere e avviare insieme le fasi della mobilitazione verso il 1° maggio 2015 e nei sei mesi del mega-evento; il secondo incontro sarà su “sovranità alimentare e sovranità sociale dei territori” a RiMaflow.Vogliamo ribadire in questo modo che la mobilitazione non finisce il 1° maggio néil 31 ottobre (data di fine dell’Esposizione), ma si pone l’obiettivo di valorizzare, sedimentare e portare avanti le diverse lotte per il Diritto alla Città contro e oltre Expo.

I compagni e le compagne della Rete Attitudine NoExpo

per info: noexpo@autistici.org

Guerrilla open access

guerilla_open_access_stickerQuando si parla di Information Technology, e in senso più stretto di informatica, la percezione dell’importanza delle scelte che facciamo è minima. Spesso non abbiamo nemmeno gli strumenti per comprendere di avere una possibilità di scelta, perché non ci viene insegnato. Perché è conveniente, per alcuni, che non ci venga insegnato. Non sappiamo come difenderci dagli attacchi alla nostra sicurezza e privacy online e nemmeno sappiamo usare a pieno le macchine che ci permettono di accedervi. La nostra vita online è segnata da strette maglie di potere da cui è difficile uscire, che ci incasellano in ruoli subalterni, costretti a subire l’egemonia capitalista e tecnocratica di chi ha potere e sapere e sceglie di non condividerlo.
Dobbiamo allora pretendere di sapere, alzare la voce contro chi impedisce la nostra libertà di conoscenza e utilizzare tutti gli strumenti che abbiamo per perseguirla. Come hacktivist* e non, da sempre diffondiamo software libero, quando possibile insegniamo ed impariamo a scriverlo e ad usarlo, ci impegniamo a condividere saperi non egemonici, orizzontali, dal basso. Per arrivare all’orizzontalità tecnica e non solo, ne siamo ben coscient*, ci vorranno ancora molto impegno e fatica, ma è una sfida avvincente.
Con queste premesse vogliamo pubblicare proprio oggi uno dei testi più noti di Aaron Swartz (1986-2013), coder che collaborò alla scrittura del codice sorgente delle licenze Creative Commons e lottò per l’orizzontalità dell’accesso alle informazioni. Tre anni fa, il 19 luglio 2011, Aaron Swartz venne accusato di aver danneggiato JSTOR, una famosa biblioteca digitale, scaricando 4 milioni di articoli accademici per condividerli in open access in una rete P2P.
Lo ricordiamo con la sua pagina più bella, il manifesto per la liberazione dei saperi.

Collettivo CyberC.H.A.O.S.

Guerrilla Open Access Manifesto di Aaron Swartz

L’informazione è potere, ma come ogni tipo di potere, c’è chi lo vuole tenere per sè. L’intero patrimonio scientifico e culturale mondiale, pubblicato nel corso dei secoli in libri e riviste, è sempre più digitalizzato e chiuso a chiave da un pugno di società private. Vuoi leggere le riviste con i più famosi risultati scientifici? Dovrai mandar somme enormi a editori come Reed Elsevier.
C’è chi lotta per cambiare tutto questo. Il movimento Open Access ha combattuto valorosamente per fare in modo che gli scienziati non cedano i loro diritti d’autore, ma pubblichino invece su Internet, a condizioni che consentano l’accesso a tutti. Anche nella migliore delle ipotesi però, il loro lavoro avrà valore solo per le cose pubblicate in futuro. Tutto ciò che è stato pubblicato fino ad oggi sarà perduto.
Questo è un prezzo troppo alto da pagare. Forzare i ricercatori a pagare per leggere il lavoro dei loro colleghi? Scansionare intere biblioteche, ma permettere solo a quelli di Google di leggere questo materiale? Fornire articoli scientifici alle università d’elitè del Primo Mondo, ma non ai bambini e alle bambine del Sud del Mondo? E’ oltraggioso e inaccettabile.
“Sono d’accordo” dicono molti “ma cosa possiamo farci? Le società detengono il copyright, guadagnano somme enormi facendo pagare l’accesso ed è tutto perfettamente legale. Non c’è niente che possiamo fare per fermarle”. C’è qualcosa che possiamo fare invece, una cosa che è già stata fatta. Possiamo contrattaccare.
Voi che avete accesso a queste risorse (studenti, bibliotecari, ricercatori), avete ricevuto un privilegio. Potete nutrirvi al banchetto della conoscenza, mentre il resto del mondo è chiuso fuori. Non dovete, invece, non potete moralmente, mantenere questo privilegio solo per voi. Avete il dovere di condividerlo con il mondo. Dovete scambiare le password con i vostri colleghi e scaricare il materiale per i vostri amici.
Nel frattempo, voi che siete stati chiusi fuori non ve ne dovete stare a guardare. Dovete entrare attraverso i buchi e scavalcare le recinzioni, liberare le informazioni tenute sotto chiave dagli editori e condividerle con i vostri amici.
Ma tutte queste azioni si portano avanti nell’ombra, nascoste. Sono chiamate furto o pirateria, come se condividere questo mare di conoscenza fosse l’equivalente morale di saccheggiare una nave e assassinarne l’equipaggio. Ma condividere non è immorale, è un imperativo morale. Solo chi è accecato dall’avidità rifiuterebbe di concedere una copia ad un amico.
Le grandi multinazionali, ovviamente, sono accecate dall’avidità. Le leggi a cui sono sottoposte lo richiedono, se non fosse così i loro azionisti si rivolterebbero. E hanno corrotto i politici, così che facciano passare leggi che danno loro il potere esclusivo di decidere chi può fare delle copie.
Non c’è giustizia nel rispettare leggi ingiuste. È tempo di uscire allo scoperto e, nella grande tradizione della disobbedienza civile, dichiarare la nostra opposizione a questo furto privato di cultura pubblica.
Dobbiamo prendere le informazioni, ovunque siano archiviate, farne nostre copie e condividerle con il mondo. Dobbiamo prendere ciò che è fuori dal diritto d’autore e caricarlo su internet. Dobbiamo acquistare banche dati segrete e metterle sul web. Dobbiamo scaricare riviste scientifiche e caricarle sulle reti di filesharing. Dobbiamo lottare per la Guerrilla Open Access.
Con abbastanza di noi in giro per il mondo, non solo manderemo un forte messaggio contro la privatizzazione della conoscenza, ma la renderemo un ricordo del passato.
Vuoi essere dei nostri?

Tra “tavoli” e diritto alla città

expo2Abbiamo seguito con attenzione la discussione in corso a Milano tra i diversi spazi sociali occupati sull’opportunità o meno di aprire un confronto con l’amministrazione comunale. Un’occasione che potesse funzionare, allo stesso tempo, come “sospensione temporale” della politica degli sgomberi che ha caratterizzato anche questa Giunta; e come possibilità di una discussione vera su cosa possa diventare questa città per chi ci vive, ci lavora, ci abita.
A dire il vero, sul secondo terreno, non abbiamo mai nutrito particolari illusioni: la Giunta “arancione” che, semplicemente, ha deciso di mettersi a disposizione dei comitati di affari che governano con profitto (per loro) la metropoli milanese gestendo con zelo la partita dell’Expo2015, e rimanendo, più che indifferente, complice, di fronte alla corruzione sistemica che essa svela, non può essere interlocutrice seria di chi questa città la vuole trasformare dal punto di vista del soddisfacimento dei bisogni sociali delle classi popolari.
Ma sul primo terreno era lecito provare a sfidare questa Amministrazione. Verificare cioè se era disponibile,sul serio, a prendere atto che in questa città vivono conflitti sociali che non chiedono a nessuno- tantomeno alla Giunta “arancione”- di essere riconosciuti o legittimati. Ma non possono essere derubricati a problemi di ordine pubblico, di cui liberarsi dicendo semplicemente “spiacente non è nostra competenza impedire il tale sgombero o il talaltro sfratto esecutivo”.
In altre parole questa Amministrazione poteva scegliere di convivere con il conflitto iniziando il confronto con un atto politico che “liberasse il campo” da equivoci e strumentalità: dichiarare, con i propri termini, magari usando il linguaggio “felpato” delle istituzioni, che avrebbe praticato unilateralmente una moratoria degli sgomberi – a partire da quelli già annunciati e minacciati – fino alla fine del 2015, impegnandosi ad attivarsi su questo terreno nei confronti delle altre istituzioni – leggi Prefettura e Questura.
Impegnativo? Certo, ma possibile. A meno che il “tavolo di confronto” non si riduca ad un espediente per “ricostruire relazioni elettorali” a sinistra nei confronti di un mondo, dall’associazionismo al movimento sindacale a coloro che gli spazi li occupano e li fanno vivere, ormai insofferente e disilluso nei confronti di un’amministrazione che non ha prodotto alcuna rottura vera, alcuno scarto politico significativo rispetto alle precedenti gestione della città, delle politiche sociali ed abitative, dell’esercizio della democrazia partecipativa.
Per questo per ora non abbiamo preso la parola. Il passaggio dell’incontro svoltosi il 3 luglio scorso era utile per “andare a vedere” cosa veniva messo sul tavolo.
E abbiamo visto. Molte parole, dichiarazioni d’intenti fumose e inconsistenti e nessun vero atto politico annunciato.
Il solo che sarebbe servito: dichiarare la moratoria degli sgomberi e rifiutare di considerare i conflitti sociali in questa città – compreso quello agito da chi rivendica il diritto all’abitare – problemi di ordine pubblico. Questo avrebbe permesso, probabilmente, una fase successiva di confronto su come contrastare lo scempio urbanistico nella Milano dell’Expo utilizzando alcuni strumenti che le amministrazioni hanno a disposizione – per esempio la norma contenuta nell’ultimo regolamento edilizio approvato dal Comune che permette l’esproprio di aree proprietà di privati e lasciate all’abbandono per più di cinque anni…-.
Questo atto politico non c’è stato e per noi, a questo punto, il giudizio sul percorso che si propone l’Amministrazione è piuttosto chiaro: non produrrà alcuna dinamica positiva, non garantirà una durevole agibilità agli spazi occupati, non è utile sede di confronto per chi vuole affermare un’altra idea di città rispetto a chi oggi la governa. Quindi scegliamo di sottrarci ad un confronto inquinato da una amministrazione che vorrebbe, forse, riaprire un dialogo a sinistra, ma per le rigidità delle compatibilità politico-economiche che la tengono stretta non è nelle condizioni di farlo sul serio.
Comprendiamo le ragioni degli spazi occupati e dei soggetti di movimento che dicono di continuare a provarci. Ma riteniamo che la discussione vera da fare tra i movimenti sociali, gli spazi occupati, le associazioni che praticano i terreni della cittadinanza attiva, i militanti e i delegati sindacali che si ostinano a pensare ancora che esistono diritti e garanzie da riconquistare, i giovani e i precari che rivendicano reddito, dignità, lavoro, i collettivi di genere che non si accontentano della commercializzazione “creativa” degli spazi urbani e di vita, sia un’altra.
Cioè: come ripartire insieme da questa estate piovosa e umida per ricostruire un movimento di contestazione dell’evento Expo 2015 che indichi anche un altro modello di società e di vita comune per cui valga la pena di battersi. Un movimento capace di conquistarsi un radicamento sociale vero e quindi capace di esercitare pratiche intelligenti ed attrattive rispetto a coloro che vivono all’esterno dei diversi “fortini “della militanza politica e sociale.
Su questo terreno ci siamo e vogliamo parlarne con tutti e tutte, a partire dall’assemblea convocata questa sera in piazza Gae Aulenti, che giudichiamo un sforzo positivo di costruzione di uno spazio pubblico autonomo di confronto e a cui parteciperemo cercando di dire la nostra.

Ci sembra utile citare per finire la conclusione dell’articolo uscito ieri su Il Manifesto e firmato da Sandro Medici a proposito della vicenda del Teatro Valle di Roma rispetto alle intenzioni (preoccupanti) manifestate dal sindaco Marino (anch’esso piuttosto “arancione”), non per amore delle citazioni, ma perché ha qualcosa a che vedere con quanto stiamo discutendo a Milano:

“Qui non si tratta di stabilire se e quanto sia legale occupare uno stabile abbandonato per riconvertirlo ad un uso sociale o culturale. Qui si tratta di schierarsi. O si sta con i bisogni sociali o si sta con gli interessi”.

Ri-Make – Communia Network

Prossime iniziative @Ri-Make!

Giovedì 10 luglio

h21.00 incontro del collettivo femminista e lgbit Le Lucciole

(stanza delle Lucciole al 1° piano)

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Venerdì 11 luglio

20zln2

h19.00 aperitivo e presentazione

di “20ZLN – Vent’anni di zapatismo e liberazione

con gli autori Andrea Cegna e Alberto “Abo” Di Monte

Sabato 12 luglio

h22.00 rilassati, balla e divertiti @Ri_Make_

(serata benefit per la ristrutturazione del tetto)

Domenica 13 luglio

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Ri-Make rimarrà chiuso per andare tutt* insieme

al Parco di Trenno alla

NO CANAL SPORT CUP!

h13.00 vieni a tifare gli Affori Ri-Makers

(ritrovo al campo da basket del parco di Trenno)

Venerdì 18 luglio

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h19.00 aperitivo e presentazione

di “I dannati della metropoli – etnografie dei migranti ai confini della legalità

con l’autore Andrea Staid

Sabato 19 luglio

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h20.30 THE RI-MAKE MEAL REVOLUTION

cena con noi per festeggiare due mesi a Ri-Make!

Qui il menù – per le prenotazioni scrivi a rimake@autistici.org

h22.00 MALEFIT – IL LATO OSCURODEL MUTUO SOCCORSO
Trash Wars – Yoda*n*bass
with DJ MALE (Resident Darth Jockey)

(serata benefit – ingresso a offerta libera)

Domenica 20 luglio

h11.00 lavori aperti

h17.30 assemblea aperta per la raccolta dei progetti

 

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Continua a seguirci…  Su questa pagina tutti gli aggiornamenti della programmazione a Ri-Make!