Dai consultori alle facoltà: l’1 e 2 febbraio a Milano

 

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Sempre più consultori pubblici vengono chiusi, in molte università non ci sono mai stati. I servizi vengono privatizzati, gli asili (scomparsi da tempo dalle facoltà) hanno sempre meno posti.

I centri MTS (per le malattie a trasmissione sessuale) sono stati demedicalizzati e strutture pubbliche specifiche per LGBIT (lesbiche, gay, bisex, intersex, trans) chi le ha mai viste?

I tagli alla sanità non hanno fatto altro che addossare alle famiglie un peso che finisce per ricadere sempre sulle donne, che così dalle famiglie non possono allontanarsi affatto, rinunciando spesso alla propria emancipazione ed autodeterminazione.

A questo aggiungiamo una legislazione a dir poco retrograda sulle TRA (tecniche di riproduzione assistita) e una legge dai molti limiti, la 194, che risulta ancora più insufficiente a causa dell’elevatissimo numero di medici obiettori di coscienza.

Tra i ginecologi la percentuale di obiettori in Lombardia è all’80%, mentre anche fra infermieri e anestesisti gli obiettori raggiungono il 50%, con una media nazionale che sfiora l’80%. In alcune regioni, tra cui il Molise, non è già più possibile abortire in strutture pubbliche.

Già, perché molti “obiettori” nelle cliniche private operano eccome. Forse perché un’operazione in clinica risulta molto più fruttuosa della prescrizione in ambulatorio di una pillola, la RU 486? Per non parlare del fatto che quasi tutti i giovani medici scelgono di obiettare, per non essere costretti ad una carriera senza prospettive…

Dovremmo stupirci allora, scoprendo che oggi in Italia molte, moltissime giovani ricorrono all’aborto clandestino? Senza garanzie, senza copertura sanitaria, rischiando a volte la vita.

Bè, c’è pur sempre il lavoro… precario, sempre più precario. La flessibilità lavorativa domina, soprattutto quando è declinata al femminile. Molt* di noi stanno lavorando come stagist* o tirocinanti (senza retribuzione) come prima esperienza lavorativa o per concludere il percorso di formazione. La genderizzazione degli impieghi aumenta, sia per le donne che per LGBIT, ed è sempre più difficile conciliare lavoro, famiglia e formazione. Si tratta di avere il diritto alla maternità come scelta che oggi ci viene negato. Da un lato vogliono decidere sui nostri corpi, obbligandoci a portare a termine la gravidanza e dall’altro l’assenza di condizioni lavorative stabili e lo smantellamento dei servizi ci preclude la possibilità di essere genitori.

I corsi a numero chiuso sono in continua crescita, spesso con obbligo di frequenza, le tasse di iscrizione aumentano (anche oltre i limiti previsti per legge) e le borse di studio invece diminuiscono o sono assegnate male, in un sistema pieno di idonei non vincitori e studentati che cadono a pezzi o vengono tenuti completamente sfitti.

Eppure di tutto questo nelle università non si parla. O meglio, si fa finta che non esista, quando invece è proprio da qui, dalla formazione, che questo stato di cose si ripete.

Le università ci fanno credere di essere neutre al genere, d’altra parte però continuano a mostrarci che no, non possiamo pretendere che la nostra posizione lavorativa non risenta della nostra identità, tanto meno possiamo pretendere di conciliare studio e lavoro. Ci preparano a diventare lavoratori e lavoratrici “flessibili” e “dispost* a tutto”, rendendo la nostra vita di studenti e studentesse altrettanto “flessibile” e “disposta a tutto”.

Bene, da questo vogliamo partire, dal basso, mettendo in discussione quello che (non) ci è stato insegnato. Un percorso aperto a tutt*, per iniziare da qui e continuare insieme…

1 febbraio h14.30

presidio sotto il consolato spagnolo

ritrovo in piazza Cavour – Milano

2 febbraio h18.00

Collettivo aperto con una studentessa catalana

Zona Risk, via Varchi, 3 – Milano

1 febbraio: Perchè io decido!

151303857-c0c88d1d-fc66-437d-968d-368531048e94“Perché io decido”
“Perquè jo decideixo”
“Perque eu decido”
“Porque yo decido”
“Par ce que je decide”
“Because it’s my choice”

In Spagna le donne si stanno mobilitando per impedire l’approvazione di un disegno di legge che rimette in discussione il loro diritto a diritto a decidere sul tema della maternità. La nuova legge abrogherebbe ovviamente la precedente riducendo quasi a nulla la possibilità di autodeterminazione. In caso di malformazione del feto, per esempio, l’aborto sarebbe possibile solo in caso di rischio concreto per la vita del nascituro.”

E’ un disegno di legge di natura fondamentalista che uccide il diritto di autodeterminazione della donna.

L’attacco alla legislazione sull’interruzione volontaria della gravidanza non é un fatto solo spagnolo perché riguarda l’Europa intera. Giova ricordare che i vari Movimenti per la vita, una lobby di natura integralista e sessista, che influenza non poco la politica europea, stanno raccogliendo firme (siamo giâ a 2 milioni!) su un testo che reclama l’abolizione delle leggi che permettono l’aborto.

La situazione in Italia non é molto diversa.

Ricordiamo che anche in Italia la legge 194 /78 sull’interruzione volontaria della gravidanza é continuamente messa in discussione (in particolare attraverso la strumentale gestione della pratica dell’obiezione di coscienza )da chi non si vuole rassegnare all’idea che le donne , sul loro corpo, hanno la prima e l’ultima parola.
Ribadiamo che grazie alla legge 194/78 le donne non muoiono piú di aborto clandestino e che il numero di aborti si é piú che dimezzato da quando la legge é in vigore.

Manifestiamo la nostra preoccupazione per i tagli al sistema sanitario operate dalle politiche di austeritá che distruggono lo Stato Sociale e cancellano il diritto alla salute.

Per questo saremo in piazza insieme alle donne spagnole per affermare il nostro diritto alla salute, all’autodeterminazione, alla vita!

Sarebbe auspicabile che il prossimo 8 marzo 2014 diventasse, su questi temi, una giornata di mobilitazione internazionale.

Donne nella crisi

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Ri Make, insieme a Donne nella crisi e a moltissim* altr* singol* e realtà, sarà presente sabato 1 febbraio dalle h 14.30 sotto il consolato spagnolo, in via Fatebenefratelli 26. Ritrovo in piazza Cavour

E voi?
L’evento Fb

Le università contro #EXPO

expo_airExpo 2015 sta distuggendo i nostri territori, le nostre città, smantella servizi, flessibilizza contratti e ora prende possesso della nostra formazione, senza che nessun* possa dire nulla.

I rettori di Università degli Studi di Milano, Bocconi, Bicocca, IULM, San Raffaele, Cattolica e Politecnico hanno sottoscritto un protocollo d’intesa con il Comune per mettere a disposizione spazi, corsi, qualsiasi tipo di supporto a Expo.
Non è servito chiederci il permesso perchè questi sette, SETTE, rettori milanesi firmassero un accordo per costituire un “Comitato scientifico per Expo”, per legare a doppio filo le nostre università e il grande evento che le sta sconvolgendo.
Sono sempre meno le possibilità e gli spazi di autorganizzazione, autogestione, liberazione per chi vive l’università. Le esperienze di cultura dal basso continuano ad essere ostacolate e limitate, nessuno sembra volerne accogliere la richiesta. Gli atenei, intanto, non smettono di piegarsi a logiche di mercato e di messa a profitto, che colpiscono le vite di studenti, giovani, ricercatori, mentre la formazione universitaria è sempre più lontana dalla esigenze dei nostri territori e del tessuto sociale.

Oggi, giovedì 23 gennaio, dalle 9.30 a Palazzo Reale accadrà esattamente questo: si ribadirà che le università non sono di chi le vive, ma feudi delle imprese, con la piena garanzia di chi governa questa città, questa regione e questo Paese.

Possono volerci fuoricorso, sfruttati, precari, ma per Expo non ci avranno. Contro questo evento e qualsiasi altra manipolazione dei nostri corsi, della nostre facoltà, della nostra formazione, delle nostre vite, vogliamo aprire nelle università un percorso aperto a tutt*, che contrasti Expo e la sua speculazione.
Ci vediamo nelle facoltà!

AteneinRivolta Milano

#EXPROPRIO cap.1 ovvero nel dubbio scegli COOP

expo_0di L. I. Bergkamp

E’ ormai inziata la marcia di avvicinamento al grande evento che dalla metropoli meneghina dovrebbe coinvolgere tutto il mondo: Expo 2015.

“Nutrire il pianeta – energie per la vita” è il tema dalle alte aspettative di questa esposizione universale italiana, che però ha più l’aria di un grande buco nell’acqua. Se da un lato, infatti, l’attenzione mediatica (a dire il vero poca) è tutta concentrata sulle grandi iniziative e i grandi nomi, all’occhio degli abitanti della provincia lombarda non è sfuggito il lento declino delle ambiziose aspettative iniziali, ora farcite di collusioni mafiose e appalti semi-legalmente truccati.

Solo due anni fa si parlava di Milano come della metropoli ecologica del pianeta e dell’area Expo come di un orto-giardino globale. Solo due anni in cui tutto questo è stato smontato per lasciare spazio alla nuova proposta, molto più conveniente economicamente, del grande “supermercato del futuro”, con il patrocinio di Coop dopo la fuoriuscita (lasciata passare in sordina) di Slow Food.
Certo si potrebbe dire che l’idea di supermercato è molto più in linea con quello che Expo sarà: niente orti, niente giardini, niente boschi (1), insomma niente ecologia e nutrizione, solo una grande fabbrica di debito, cemento e precarietà.
Anche la scelta del supermercato in questione è paradigmatica. Coop è il supermercato che sembra combattere lo sfruttamento, sembra essere attento all’ecologia, sembra, in rapporto a questo, garantire dei prezzi convenienti. Poi guardi un po’ meglio e ti accorgi dell’inganno, esattamente come con Expo.
Coop, tra i leader nel settore della GDO (Grande Distribuzione Organizzata), non combatte lo sfruttamento, anzi lo alimenta pagando prezzi irrisori ai produttori e ai lavoratori di filiera. Coop non garantisce prezzi convenienti, ma aumenta spropositatamente il costo dei suoi prodotti (soprattutto quelli biologici) e i soldi poi se li intasca, lasciando che i consumatori credano che finiscano in compensi più onesti (2). Questo non lo dice, non può dirlo, lascia semplicemente che tu non lo sappia. Coop il supermercato del futuro? Sinceramente, speriamo di no.

Lasciamo momentaneamente da parte queste questioni (avremo motivo di tornarci lungamente in seguito) e volgiamo lo sguardo al magnifico feudo di signori, signore e signorotti che dirige i lavori, cioè parliamo di imprese, società appaltanti e relativi consigli d’amministrazione.
Nel 2008 nasce Expo Milano 2015 so. ge. s.p.a., allo scopo di adempiere agli “impegni assunti dalla Repubblica Italiana nei confronti del Bureau International des Expositions (BIE)”(3). In poche parole ha il compito di realizzare Expo.
L’azionario di Expo s.p.a. è composto dal Governo della Repubblica Italiana nella figura del Ministero dell’Economia e delle Finanze (40%), Regione Lombardia (20%), Comune di Milano (20%), Provincia di Milano (10%), Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato di Milano (10%).
Nel consiglio di amministrazione troviamo:
– come presidente la dama di gran croce Diana Bracco, rappresentante della Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato di Milano, in passato presidente di Federchimica e Assolombarda, ora vicepresidente di Confindustria con delega per ricerca e innovazione e presidente e amministratore delegato del gruppo Bracco, multinazionale nel settore della salute;
– come commissario unico delegato Giuseppe Sala, per il Comune di Milano, ex direttore generale di Telecom Italia;
– tra i consiglieri Alessandra Dal Verme, già al centro delle polemiche perché presidente del collegio sindacale delle Ferrovie, società non quotata del Tesoro, e contemporaneamente dirigente di prima fascia del Ministero dell’Economia, che rappresenta in Expo s.p.a.
– conflitti d’interesse, tanti, in ogni posizione, che rappresentano un po’ tutti.

Dato che questo puzzle di nomi, incarichi e capitali più è complicato e più sembra divertire, viene fondata un’altra società, Arexpo s.p.a..
Arexpo s.p.a. è costituita da:
– Regione Lombardia (34,67% del capitale, per un valore di 32 milioni di euro);
– Comune di Milano (34,67%, di cui in valore 4 milioni conferiti tramite cessione di terreni);
– Fondazione Fiera Milano (4) (27,66%, trasformando in quote il valore di parte dei terreni);
– Provincia di Milano (2,00%);
– Comune di Rho (1,00%).

Arexpo ha come scopo l’acquisizione di terreni per le aree del sito espositivo, la cessione a Expo s.p.a. degli stessi e la progettazione urbanistica post-Expo. Arexpo, infatti, diventerà proprietaria dei terreni dopo la fine dell’esposizione mentre Expo 2015 s.p.a. si estinguerà.
Dopo una prima ipotesi di cessione ad uso gratuito dei terreni, evidentemente ritenuta una concessione eccessiva, Arexpo opta per la richiesta di un affitto simbolico di 400-500 mila euro a Expo 2015 s.p.a.: insomma, il debito ormai c’è, che differenza fa mezzo milione in più o in meno?
I soldi pubblici spesi inutilmente continuano ad aumentare, come se non bastassero gli 823 milioni con cui il governo contribuisce alla realizzazione del sito…

Passiamo quindi all’acquisizione vera e propria dei terreni. Il bando viene vinto al terzo tentativo, dopo i primi due deserti, da una cordata di banche guidate da Intesa San Paolo, con un’offerta di 160 milioni di euro (a fronte dei 270 richiesti da Arexpo inizialmente per l’assegnazione). A questa cifra vanno aggiunti i 50 milioni di euro già anticipati da Arexpo, attraverso un prestito da Finlombarda.
Il contributo ad ora già versato per i terreni è di 151 milioni, secondo l’Agenzia delle Entrate non giustificabile se non a posteriori della bonifica e della rivalutazione dei terreni dopo Expo(5), ma nessuno sembra accorgersene.
I terreni acquisiti erano di proprietà di Belgioioso s.r.l. (di proprietà del gruppo Cabassi), del comune di Rho e di altri proprietari privati, tra cui Fondazione Fiera Milano (oltre ai terreni ceduti entrando nell’azionario, Arexpo ha comprato per un valore di 66,4 milioni di euro), con il ruolo fondamentale di Cassa Depositi e Prestiti per la permuta di alcune aree.
Per fortuna esiste un vincolo per un uso pubblico futuro del 56% dei terreni del sito, approvato con una delibera che ha messo in evidenza che, per garantire l’interesse pubblico post Expo, sarà necessaria la creazione di opere al servizio della collettività, la costruzione di 30 mila metri quadrati di housing sociale e il mantenimento di un parco che coprirà 475 mila metri quadrati. Già, un parco. Che gran bel regalo da Expo.

Ad aprile 2013 viene presentato il parco in questione, in Corso Europa a Rho, ma il trucco c’è e si vede. La sovrapposizione dell’Accordo di Programma Fiera e dell’Accordo di Programma Expo fa sì che i terreni su cui sarebbero dovuti essere costruiti due parcheggi di Fiera (P5 e P6) vengano ceduti a Expo. Fondazione Fiera decide quindi di realizzare i parcheggi in un’altra area dove avrebbe già dovuto, secondo accordi, realizzare un parco. Come risolvere il problema? Acquisendo l’area agricola di Corso Europa a Rho e realizzando lì il parco che, quindi, non è affatto un regalo.
Le aree agricole di proprietà di Fondazione Fiera (tra cui i terreni dei parcheggi P5 e P6) valevano 12 euro al metro quadro. Arexpo chiede una perizia che valuta però le aree dopo l’esposizione, quindi come edificabili e residenziali. I terreni vengono acquistati a 164 euro al metro quadro, fruttando 90 milioni di euro (pubblici) a Fondazione Fiera. E vi ricordate chi c’è in Arexpo con un azionario del 27,66%? Proprio Fondazione Fiera Milano.

Come per Coop, la strategia si conferma: ti chiedo i soldi (in questo caso pubblici), ci lucro e ti lascio pensare di aver fatto un grande (ed etico) affare. Non importa se le aspettative create non corrispondono minimamente alla realtà dei fatti, basta che non se ne accorga nessuno. Per impare un po’ di whitewashing (6), Expo non poteva scegliere patrocinio migliore.

NOTE
(1) Un bosco a dire il vero ci sarà e sarà “verticale”. Si tratta di due grattacieli progettati dall’architetto Stefano Boeri, già assessore alla cultura con Pisapia. Già, ma solo fino a marzo 2013, poi delle “divergenze” con lo stesso sindaco lo hanno portato ad una dismissione forzata della carica.
(2) http://www.communianet.org/news/11-gennaio-2014-giornata-di-sostegno-alla-resistenza-contadina-e-bracciantile
(3) http://www.expo2015.org/expo-in-chiaro/chi-siamo
(4) Direttore generale di Fondazione Fiera è Corrado Peraboni, dal 1994 nella commissione bicamerale per la vigilanza su Cassa Depositi e Prestiti (tra l’altro in passato presidente di Federchimica e Assolombarda, proprio come Diana Bracco).
(5) I piani previsionari di Arexpo stimanano di vendere l’area a 305-330 milioni di euro una volta terminata l’esposizione.
(6) Whitewashing (lett. passare con la calce, imbiancare) è un’espressione di origine anglosassone che indica il glissare o coprire vizi, crimini o scandali o scagionarsene attraverso dati superficiali o di parte. Da questo termine sono derivati anche greenwashing e pinkwashing.

articolo tratto dal sito communianet.org

Giornata internazionale di solidarietà con il popolo siriano

Appuntamento anche a Milano in Piazza Cairoli – Via Dante (h 15.00)!
Clicca qui

siria 11 gennaio

Attivisti e attiviste per i diritti umani e siriani/e in tutto il mondo lanciano una “Giornata mondiale di solidarietà con la Siria” per proteggere il popolo siriano sottoposto a uccisioni di massa. Migliaia di persone manifesteranno unite l’11 gennaio, in oltre 40 Città e 20 Paesi del mondo. Chiederanno con un Petizione globale l’apertura di corridoi umanitari, il rilascio dei prigionieri politici e il deferimento alla Corte Penale Internazionale di tutti i criminali di guerra, per accendere i riflettori sugli argomenti che dovrebbero essere al centro del prossimo vertice di Ginevra.

La Siria è in fiamme! Più di 135.000 persone sono state uccise e ci sono circa nove milioni di sfollati. Sono due milioni gli uomini e le donne strette dall’assedio imposto dall’esercito del regime, la metà dei quali bambini. Nelle aree assediate non arrivano aiuti alimentari o sanitari, in alcuni casi da oltre 18 mesi. Affamare civili innocenti è un crimine contro l’umanità così come l’uso di armi chimiche. Sono circa 200.000 i detenuti politici nelle prigioni del regime, torturati e spesso sottoposti a violenze sessuali.
Stando ai dati delle Nazioni Unite, le forze armate e di sicurezza siriane sono responsabili di uccisioni illegali, anche di bambini, personale medico e pazienti ospedalizzati. In alcuni casi particolarmente gravi, intere famiglie sono state trucidate nelle loro stesse case .

Questi sono i motivi per cui attivisti ed attiviste per i diritti umani e siriani/e in tutto il mondo si sono uniti nel chiedere di agire. La “Giornata della Solidarietà ” si terrà in 20 paesi in tutto il mondo: Germania, Regno Unito, Italia, Stati Uniti, Paesi Bassi, Spagna, Francia, Finlandia, Austria, Belgio, Irlanda, Svizzera, Polonia, Grecia, Russia, Canada, Argentina, Kenya, Indonesia, Messico. Si raccoglieranno anche firme per una Petizione alle Nazioni Unite ed ai Governi in vista degli imminenti colloqui di Ginevra, che faccia pressione per l’apertura di corridoi umanitari fino alle zone assediate, per il rilascio dei prigionieri politici e la creazione ed il sostegno ad un governo di transizione che non includa criminali di guerra.

La Giornata è sostenuta dalla Coalizione Nazionale Siriana, dalle principali Associazioni dei siriani democratici di tutto il mondo, dalla Campagna per rompere l’assedio (Break_Siege #Siria), dal Movimento Internazionale di Solidarietà “Sciopero della fame per la Siria” ed è aperta a tutti coloro che condividono queste analisi ed obiettivi.

Sit-in, flash mob, cortei in ITALIA:
BOLOGNA piazza del Nettuno ore 14
MILANO Cairoli Castello ore 15
COMO piazza Duomo ore 10
GENOVA piazza De Ferrari ore 17
ANCONA, piazza Cavour ore 18
ROMA piazza del Campidoglio ore 15
NAPOLI Piazza del Gesù Nuovo ore 11 fino ore 16

Giornata mondiale di solidarietà con Siria – Comitato globale:

https://www.facebook.com/solidaysyria
Email: Solidaysyria11.01@gmail.com

Comitato italiano:

coordinamento: Annalisa Roveroni
0525 98006 / 320 9763222
Email: italiasoliday@gmail.com)
https://www.facebook.com/groups/11JanuaryforSyria.Italy/

referenti locali: Ancona: Asmae Dachan, 348 3995516, dachanasmae@yahoo.it;
Bologna: Raffaella Piazzi, 393 5089978, raffaella.piazzi@gmail.com;
Como: Gigliola om Sufian, 333 5706437, terraselvatica@libero.it;
Genova: raggipollio@libero.it;
Milano: Vanessa Marzullo, 347 1695632, marzullovanessa@gmail.com;
Napoli: Fiore Sarti, 3392564074, fior.s@libero.it;
Roma: Fouad Roueiha, 3478548466, fouad.roueiha@gmail.com.

Con l’adesione di: (prime adesioni)

Associazione Amici di Magù diversamente Genitori Onlus, Associazione Amici Scuola Staineriana di Como, Associazione della Comunità Araba Siriana in Italia, Associazione DiSanaPianta, Associazione la Comune (co), Associazione per lo Sviluppo Olistico, Associazione Rose di Damasco, Comitato per la Difesa dei Diritti Umani in Siria, Insieme per la Siria Libera, ONSUR, Comitato Val Taro Val Ceno emergenza Siria, Donne in Nero Bologna e Como, CIVIC Coop sociale onlus, Cooperativa Shongoti, Coordinamento Comasco Pace, Associazione We Are – Angelo Cifatte (Tavola della Pace Liguria), Comitato di sostegno al popolo siriano di Milano