Ri-Make è tornato…in una banca

20140516-0004di Pietro Maestri

Verrebbe voglia di dire, «cos’è occupare una banca a paragone di fondarla?», ma non vogliamo scomodare Brecht per questa nuova iniziativa del collettivo milanese Ri-Make, nodo di Communia Network. Si, perché Ri-Make è tornato: dopo l’occupazione della scorsa estate del cinema Maestoso (oggi ancora vergognosamente chiuso e abbandonato dopo lo sgombero) e quella di una giornata di un tunnel della stazione centrale di Milano (anch’esso ancora chiuso e lasciato al degrado) il collettivo ha occupato un nuovo spazio in città, e questa volta si tratta… di una banca.

In realtà è un edifico che ha ospitato una filiale della Bnl fino a dieci anni fa e da allora è chiuso e sfitto. Ma la storia dei proprietari di questo spazio è una storia esemplare. Già di proprietà del fondo pensioni Comit, successivamente viene venduto a un’immobiliare che, in liquidazione, è controllata da una finanziaria di investimento immobiliare, che poi fallisce. Finanziaria fondata e diretta da personaggi noti alle cronache giudiziarie per le loro tentate scalate (anche alla Bnl, tra l’altro…), i loro affari poco puliti, le loro amicizie tra politici e imprenditori discussi.

Insomma, una storia che li accomuna a tanti «finanzieri» e signori del mattone: da una lato le avventure finanziario-immobiliari; dall’altro lato le partecipazioni in società discusse e discutibili; e infine, il loro passaggio per tribunali e patrie galere proprio per le loro attività “imprenditoriali”.

Siamo alle solite. La finanza serve per fare profitti incontrollati (e spesso incontrollabili grazie ai paradisi fiscali e alle norme internazionali); l’immobiliare serve a speculare su terreni e edilizia per fare altrettanti profitti incontrollati e incontrollabili (grazie in particolare a grandi opere e grandi eventi – come Tav o Expo2015 (leggi Dove c’era un campo c’è l’Expo) – e gli arresti di questi giorni ne sono l’ennesima conferma).

In tutto questo un’altra cosa è molto chiara: finanza e immobiliare non fanno gli interessi di cittadine/i, non servono a soddisfare i loro bisogni. Aree dismesse (come aree ferroviarie, fabbriche, vecchi insediamenti abitativi), aree verdi (come La Goccia in Bovisa o Cascina Merlata vicino a Pero…) diventano preda di speculazioni, delle partecipazioni azionarie incrociate, degli appetiti di signori del mattone e banche e società finanziarie.

Grandi opere e grandi eventi vengono inventati per il solo scopo di drenare soldi pubblici a favore degli interessi privati. Il collettivo Ri-Make ha messo sul tappeto un’altra prospettiva, quella della riappropriazione sociale, del recupero ai bisogni sociali di aree, edifici, abitazioni, fabbriche abbandonate, consegnate alla speculazione.

Dopo la Mayday e i NoExpoDays che hanno mostrato alla città le ragioni di chi si oppone alla città vetrina,Ri-Make si propone di recuperare un altro spazio da far vivere con i suoi progetti collettivi, aperti, rivolti al quartiere e in particolare a chi più ha bisogno di legami e relazioni sociali.

Un recupero dal basso, diretto, autogestito. Per questo il collettivo non chiede un «sostegno» dalle istituzioni, anche se le sfida sul terreno del recupero urbano. Infatti il Consiglio comunale di Milano qualche settimana fa ha approvato il nuovo regolamento urbanistico che prevede forme di recupero ad uso sociale degli edifici abbandonati e degradati.  Ri-Make ha cominciato a praticare questo esproprio, questa riappropriazione sociale, questo recupero.

Insomma al loro Expo, questa iniziativa risponde con un nuovo Exproprio.

articolo tratto dal sito www.comune-info.net