MANIFESTAZIONE DI INTERESSE RELATIVA ALLO STABILE DI VIA DEL VOLGA 4, MILANO

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1) Introduzione

L’edificio scolastico sito in via del Volga 4 ha rappresentato per anni, nel periodo in cui ha ospitato il Liceo Omero, una risorsa importante per un quartiere periferico come Bruzzano. La sua chiusura, avvenuta nel 2017, ha rischiato di lasciare un vuoto nel tessuto cittadino circostante, a fronte di una crescente necessità di luoghi e iniziative che potessero fornire una risposta ai bisogni del territorio.
Negli ultimi due anni lo stabile è stato sede informale di attività solidali e di mutuo soccorso che hanno convinto sia realtà associative che persone senza alcun legame formale associativo. Questo ha permesso, di fatto, che lo stabile non rimanesse un luogo vuoto abbandonato a sé stesso, grazie a un’attività di recupero collettiva che delinea una responsabilità sentita e diffusa nei confronti della struttura da parte di un’ampia comunità.
Le potenzialità di un luogo accessibile, attraversabile e aperto hanno permesso a progetti e proposte differenti di incontrarsi e collaborare in sintonia, per sviluppare delle risposte concrete ai bisogni intercettati. Per questo lo stabile è divenuto punto di riferimento dell’attività di diverse associazioni e collettivi informali, tra le quali FuoriMercato e Mshikamano. Questi stessi soggetti, che hanno collaborato alle attività che hanno reso attraversabile pubblicamente lo spazio dell’ex Liceo Omero negli ultimi 2 anni e che nello stesso periodo hanno già presentato all’amministrazione due differenti manifestazioni di interesse per la valorizzazione sociale dello stabile, hanno anche sviluppato percorsi di solidarietà diretta durante la fase del lockdown attraverso gli sportelli di sostegno mutuale del progetto Non Sei Sola, Non Sei Solo. L’inattività dei progetti in forma diretta e in presenza all’interno dell’edificio, dovuta al mantenimento delle necessarie precauzioni sanitarie durante la quarantena, non ha impedito lo svilupparsi di attività solidali, basate sulla cura reciproca e sul mutuo soccorso,
coordinate collettivamente a distanza nonostante lo stabile si configurasse come loro sede ideale.

L’obiettivo di queste attività volontarie era quello di creare una base allargata e autogestita di partecipazione e attivazione personale diretta, che potesse sopperire ai bisogni e alle necessità provenienti dal territorio, particolarmente acuite dalla fase di quarantena. L’esperienza ha toccato vari campi di necessità, da quello della sussistenza minima alimentare a quelle della autotutela dei propri diritti sul lavoro, passando dalle difficoltà legate alla cura dei propri cari (soprattutto minori, data la chiusura delle scuole) a quelle relative all’esigenza abitativa (tema centrale oggi nella metropoli milanese).

Pensiamo che il riconoscimento come beni comuni di spazi come quello dell’ex Liceo Omero, del loro valore sociale e della loro “redditività civica”, delle loro forme innovative di partecipazione e autogestione, significhi riconoscere la necessità e l’utilità di questi spazi sul territorio. Necessità non per chi li “gestisce” ma per le migliaia di persone che partecipano, abitano, usufruiscono delle attività e del sostegno di questi spazi.

Abbiamo accennato all’“inattività” causata dal lockdown: molte attività sociali e culturali di questi spazi – accessibili a ogni forma di pubblico – si sono dovute fermare in quei mesi. Ciononostante, tutti questi spazi sono stati il centro di vecchie e nuove attività di solidarietà, mutuo soccorso, aiuto alle persone più fragili. Si è trattato di una scelta naturale, conseguente ai valori su cui si fondano queste esperienze, epicentri di relazioni che durano ancora dopo l’emergenza e pertanto oggi particolarmente necessarie ed efficaci. Rappresentano oggi una parte fondamentale del corpo, dell’anima e dell’intelligenza collettiva di una metropoli che non può più permettersi di vivere su logiche di profitto e meccanismi di mercato. Siamo convinti che i beni comuni urbani siano una delle più importanti vie per costruire un nuovo orizzonte oltre il pubblico e il privato, in grado di rispondere alle disuguaglianze sociali o economiche che lacerano la città ma anche alla crisi climatica (come riconosciuto dalla mozione con la quale il consiglio comunale di Milano ha dichiarato lo Stato di Emergenza Climatica ed Ambientale, approvata il 20 maggio 2019) attraverso un nuovo modo di “fare città”. Tali aspetti non possono essere più affrontati separatamente, è necessario un radicale cambio di paradigma per tutte le attività sociali e culturali.

Questi spazi non chiedono semplicemente un riconoscimento o un “aiuto pubblico”, quanto una radicale ridefinizione e rinnovamento dei beni pubblici attraverso l’approccio non competitivo dei beni comuni: luoghi di relazioni, ascolto, mutuo aiuto, cura reciproca, sostenibilità economica e ambientale, generati nella partecipazione diretta e la capacità di autonormazione della cittadinanza. Non possono essere minacciati dalla cieca dittatura dell’economia del profitto ma tutelati, promossi e diffusi su tutta la scala urbana, in quanto elementi vitali e funzionali per l’inderogabile conversione ecologica
della città in una nuova società della cura.

2) Proposta tecnico-gestionale

In risposta all’Avviso pubblico qui considerato, l’associazione “Fuorimercato – diritti, dignità, autogestione ETS” (di seguito “soggetto proponente”), in collaborazione con l’associazione culturale “Mshikamano”, il Laboratorio di Psicologia Clinica “He.Co.Psy.” dell’Università di Milano-Bicocca, i gruppi informali “Le Sberle – Palestra Popolare” e “Le Pupazzare” (di seguito “soggetti collaboratori”) e con il supporto di organizzazioni quali il “Comitato Stefano Rodotà”, l’associazione “Circola”, la cooperativa di comunità “Ri-Maflow”, l’associazione “Naga”, l’associazione “Arci-Todo Cambia”, l’associazione di promozione sociale “Unza”, l’associazione di promozione sociale “Medionauta”, l’assemblea di comunità “Ri-make Bene Comune” e la Rete Nazionale dei Beni comuni emergenti e ad uso Civico;

Premesso che:

• L’art. 2 della Costituzione italiana prevede che la Repubblica riconosca e garantisca i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richieda l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale;

• L’art. 3 della Cost. stabilisce che il compito della Repubblica sia “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”;

• L’art. 118 comma 4, Cost. riconosce il principio di sussidiarietà orizzontale, in stretta connessione con il principio di uguaglianza sostanziale previsto dall’art. 3, secondo comma, della Costituzione. Ai sensi della Costituzione, la Repubblica ha il compito di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale;

• L’intera disciplina della proprietà nella Costituzione italiana è vincolata alla nozione di “utilità sociale” (art. 42 Cost.);

• L’articolo 43 Cost. prevede la possibilità di affidare a comunità di lavoratori o di utenti servizi pubblici essenziali e attività di impresa che abbiano carattere di preminente interesse generale;

• L’articolo 49 della Costituzione prevede il concorso dei cittadini alla determinazione delle scelte politiche nazionali e locali, attraverso non solo i partiti, ma anche tutti i necessari strumenti partecipativi che nascono dall’organizzazione collettiva;

• L’art. 3, comma 5, del Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali, D. Lgls. n. 267/2000, riconosce che comuni e province svolgano le loro funzioni anche attraverso attività adeguatamente esercitate dall’autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali; mentre l’art. 8, comma 1, stabilisce che “I comuni, anche su base di quartiere o frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale”, e il comma 3 recita, tra l’altro, che “nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela degli interessi collettivi e devono essere, altresì, determinate garanzie per il loro tempestivo esame”;

• L’art. 190 del D. Lgs. 50/2016 prevede il baratto amministrativo come contratto di partenariato pubblico privato, il quale riconosce la possibilità di valorizzare aree e beni immobili inutilizzati mediante iniziative di recupero e riuso con finalità di interesse generale da parte di cittadini singoli e associati; l’art. 189 dello stesso Decreto Legislativo prevede il riconoscimento di interventi di sussidiarietà orizzontale

• Il Consiglio Comunale di Milano con la delibera n. 15 del 20 maggio 2019, ha approvato il Regolamento sulla disciplina della partecipazione dei cittadini attivi alla cura, alla gestione condivisa e alla rigenerazione dei Beni Comuni urbani, il quale promuove la “cura, la gestione condivisa e la rigenerazione dei beni comuni urbani” aperta a tutti i cittadini attivi, mediante la sottoscrizione di un “patto di collaborazione” per l’uso non esclusivo e temporaneo di un bene;

• A livello internazionale e nazionale il dibattito intorno ai “beni comuni” è divenuto estremamente rilevante, per cui molte amministrazioni su diversa scala stanno sperimentando forme di democrazia partecipata, estranee a logiche di mercato e di profitto, nel recupero e riuso di spazi pubblici, e/o riconoscendo esperienze di gestione diretta già attive in tali spazi da parte di gruppi o comitati di cittadini e cittadine. In Italia, a titolo esemplificativo e non esaustivo, rimandiamo all’accordo di collaborazione tra il Comune di Bari e lo spazio di mutuo soccorso “Bread&Roses” (2018), alla convenzione stipulata tra il Comune di Reggio Emilia e il “Comitato per l’uso civico di Casa Bettola” (2019), al patto di collaborazione tra il Comune di Bergamo e l’associazione di promozione sociale “Maite” (2017), alle delibere comunali che hanno introdotto i beni comuni nello Statuto del Comune (2011) e riconosciuto come beni comuni otto spazi del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli (l’ex Asilo Filangieri, e successivamente l’ex convento delle Teresiane, oggi “Giardino Liberato”; l’ex Lido Pola; la Villa Medusa; l’ex OPG; l’ex Scuola Schipa; l’ex Conservatorio Santa Maria della Fede, oggi “Santa Fede Liberata”, lo “Scugnizzo Liberato” – ex carcere minorile Filangieri, vd. delibere di Giunta Comunale nn. 400/2012, 893/2015, 446/2016);

Considerato che:

• un bene appartiene alla categoria di “bene comune” se esprime utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona ed è informato al principio della salvaguardia intergenerazionale di tali utilità (“Commissione Rodotà per la modifica delle norme del codice civile in materia di beni pubblici – 14 giugno 2007”);

• un bene per essere attratto alla categoria dei beni comuni deve essere “a titolarità diffusa” e quindi caratterizzato da una forma di governo che sia ispirata ed attui forme di partecipazione diretta delle comunità di riferimento alla cura e alla gestione del bene. Il diritto di uso di un bene comune non può essere esclusivo; nel caso di rivalità l’uso di un bene è regolato da modalità stabilite secondo criteri inclusivi generati da processi di auto-normazione civica;

• La tassonomia dei beni comuni non è esaustiva, essi possono emergere tra beni pubblici e privati materiali e immateriali che, esprimendo utilità funzionali all’arricchimento del catalogo dei diritti fondamentali, civili e sociali, si caratterizzano per una forma di uso e gestione dirette da parte di una comunità di riferimento ampia ed eterogenea.

• Uno spazio urbano o rurale può essere ascritto alla categoria dei beni comuni quando è caratterizzato da forme di uso e gestione collettiva finalizzate all’esercizio dei diritti fondamentali, inclusi quelli politici e sociali, della sua più ampia comunità di riferimento. La valorizzazione del patrimonio pubblico include anche e soprattutto gli strumenti per la sua valorizzazione sociale. Da questo punto di vista, il valore dei beni pubblici va inteso non solo in base alla rendita economica che questi possono produrre, ma prima di tutto alla redditività civica che possono generare (attraverso forme di collaborazione, solidarietà, mutualismo e cooperazione sociale). Tali beni, se riconosciuti come beni comuni urbani attraverso strumenti come i patti di collaborazione o le dichiarazioni di uso civico, garantiscono e promuovono la fruibilità collettiva, l’inclusività, l’imparzialità, l’accessibilità del bene, nonché l’esercizio dell’autonomia civica;

L’associazione Fuorimercato Diritti – Dignità – Autogestione ETS firmataria propone il riconoscimento come Bene Comune urbano di parte dell’immobile sito in via del Volga 4, e della circostante area verde (così come indicato nella sezione “Soluzioni tecniche volte al recupero e riutilizzo dello spazio” di questa relazione), attraverso la valorizzazione di tale bene mediante un progetto di partenariato pubblico/privato con interventi di sussidiarietà orizzontale, nella forma di un patto di collaborazione tra l’Amministrazione comunale da un lato e il soggetto proponente insieme ai soggetti collaboratori formali e informali dall’altro, oltre che con ulteriori soggetti individuati attraverso specifici processi partecipativi. Tali processi si articoleranno attraverso tavoli di partecipazione aperti alla cittadinanza promossi dal soggetto proponente e dai soggetti collaboratori.

In via alternativa, in caso tale proposta di valorizzazione sia valutata come non percorribile da parte dell’Amministrazione comunale, il soggetto proponente manifesta l’interesse per forme di concessione agevolata per cui il mancato o ridotto introito in termini di canone per le casse comunali è compensato dall’utilità sociale attraverso iniziative mutualistiche, culturali, educative, aggregative e di inclusione, oltre che da attività di cura e recupero dell’edificio, prodotte dai soggetti titolari della
concessione (in applicazione dell’art. 12 della L. 241/1990 “Provvedimenti attributivi di vantaggi economici” e in riconoscimento, tra le altre, della deliberazione n.172/2014/PAR della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia).
Per entrambe le soluzioni, la sostenibilità economica sarà garantita attraverso periodiche iniziative culturali, sociali, aggregative e sportive di raccolta fondi, oltre che attivando reti di finanziamento alternative (quali forme di microcredito, crowdfunding, bandi ecc.).

Obiettivi
La proposta mira a definire e disciplinare nuove modalità di collaborazione tra le parti, consentendo da un lato di riconoscere e tutelare il percorso sperimentale di cura, rigenerazione e gestione condivisa dell’Ex Liceo Omero già in atto negli ultimi due anni a livello informale da parte di gruppi di cittadini e cittadine – alla quale ha collaborato anche il soggetto proponente insieme ai soggetti collaboratori.

Dall’altro, di permettere un ulteriore sviluppo e diffusione di forme di amministrazione dirette, democratiche e autonome dei beni pubblici da parte delle comunità di cittadini, nello svolgimento di attività di interesse generale, e di aprire tale percorso a nuovi soggetti del territorio e a nuove forme di co-progettazione e sostegno da parte dell’Amministrazione comunale.

Gli obiettivi di tale proposta possono essere dunque così individuati:

• Garanzia di apertura e accessibilità dello spazio, sulla base di un principio di non esclusività, per tutta la durata del patto di collaborazione;

• Promozione della collaborazione tra amministrazione e cittadini, nonché forme di partecipazione diretta e autogestione tra quest’ultimi, per la cura e la rigenerazione di un luogo di proprietà pubblica, in parte dell’edificio e delle sue aree verdi. Questo anche nell’ottica della maturazione di una responsabilità sociale ed ecologica di tutte e tutti i fruitori dello spazio;

• Coinvolgimento degli abitanti del quartiere in attività mutualistiche che rispondano ai bisogni del territorio di riferimento, con particolare attenzione alle vulnerabilità del tessuto sociale (tra cui disoccupazione, dispersione scolastica, difficoltà di accesso ai servizi), recuperando anche la funzione culturale dell’area, tramite progetti e attività educative autogestite da parte della cittadinanza;

• Accoglienza e promozione di iniziative sportive, ludiche, aggregative, artistiche e culturali (sempre ad accesso gratuito o su contributo libero e non vincolante, destinato alla cura e alla gestione dello spazio), così come specificate nell’Allegato 1, volte a favorire la crescita e le capacità di autodeterminazione di ogni fruitore, la cura reciproca e la costruzione di comunità attive e solidali;

• Organizzazione e promozione di percorsi di formazione professionale nonché, in caso si ricorra a forme di concessione agevolata, anche di opportunità di inserimento lavorativo e produzione di reddito (attraverso attività come la cucina, il catering e la sartoria), con particolare attenzione a migranti e a persone in condizioni di difficoltà economica;

• Costituzione, lungo la durata del patto, di tavoli di co-progettazione partecipata, insieme all’Amministrazione comunale, in cui le realtà promotrici e la cittadinanza attiva del quartiere possano esprimere i bisogni e le esigenze sociali e culturali del proprio territorio. Alla luce del futuro abbattimento dell’immobile considerato (vedi sezione “Soluzioni tecniche volte al recupero e riutilizzo dello spazio” di questa relazione), i tavoli avranno come obiettivo la co-progettazione di un rinnovato utilizzo dell’area – che rimarrebbe nelle disponibilità del demanio comunale per finalità sociali e rientrante nei beni non alienabili dall’Amministrazione – con relative linee di finanziamento condivise (istituzionali, forme di autofinanziamento e azionariato diffuso, fondazioni, raccolta fondi, bandi europei ecc.) e proposte gestionali volte a sostenere e tutelare il carattere di “bene comune”, basato su forme di autogoverno civico a titolarità diffusa, sul lungo periodo (attraverso interventi di sussidiarietà orizzontale, forme di concessione agevolate o, meglio ancora, con il riconoscimento dell’uso civico e collettivo
urbano come forma di uso non esclusivo di un bene pubblico).