#EXPOGATE

Pubblichiamo l’articolo della rete Attitudine No Expo sulla recente vicenda degli arresti legati agli illeciti riguardanti gli appalti per Expo2015.

225157_10150163247703947_39284843946_6880859_4014800_n-212x300Mele marce, abbiamo ripulito Expo, non pensavamo fosse così. Sono più o meno di questo tenore le reazioni del mondo politico e dell’opinione pubblica agli arresti dell’8 maggio legati agli appalti di Expo. Una convinzione ingenua o in malafede, a seconda dei casi, supportata dall’informazione mainstream, prova a far passare l’idea che sia merito dei controlli se le cose sono uscite e quindi Expo può andare avanti così com’è. Non sarà facendo gli struzzi che salveranno il megaevento dall’ennesimo colpo mortale.

Le inchieste stanno solo confermando quanto affermato e scritto da anni nei nostri documenti, libri, volantini. È il sistema delle grandi opere e dei megaeventi che ha in sé i germi di quel che ne consegue in termini di corruttele e mafie. Poteri speciali, commissari ad hoc, procedure emergenziali, deroghe a norme e processi partecipativi; questi elementi, che erano evidenti da subito, accomunano nelle vicende la Milano di Expo a L’Aquila post sisma, a tante altre vicende italiane di grandi appalti pubblici. Così come era palese che in Lombardia il blocco di potere economico, legale ed illegale, pronto a mangiarsi la città e denaro pubblico, in nome di Expo, era trasversale agli schieramenti politici. Lo denunciammo nel 2011, occupando per il NoExpo Climate Camp l’area di Cascina Merlata, quella del Villaggio Expo e delle indagini di questi giorni; mentre Pisapia inaugurava il suo mandato parlando di Expo etico e sostenibile, di garanzia sua sulla legalità delle procedure, noi ribadivano che non esiste un Expo legale e uno illegale, che il sistema era unico e coinvolgeva imprese, Coop, Compagnia delle Opere, mafie. Citiamo questo a ribadire che non è più accettabile ora sentirsi dire “non avevamo capito” o peggio “abbiamo fatto pulizia”, come se fosse possibile tracciare una frontiera certa e far ripartire i cantieri nulla fosse successo, senza porsi il dubbio se non siano opere utili solo all’economia delle tangenti (come la Via d’acqua).

Ma lo faranno a conferma di quanto marcio è il sistema e forti gli interessi in gioco, più importanti di ogni risvolto democratico e di una parvenza di quella legalità che gli stessi (classe politica, media e magistratura) sono così bravi a invocare contro chi contesta e resiste alla devastazione dei propri territori. Parlano di lotta alle mafie, ma al di là degli enunciati, non potenziano le strutture antimafia; si plaude agli arresti, ma si tace sul fatto che il giorno prima in maniera del tutto legale e coerente alla governance di Expo, venivano allentati i controlli antimafia sotto i 100.000 €, come se nulla fosse, se non inutili ostacoli alla realizzazione e al successo del miracoloso evento. Non importa se a oggi la maggior parte delle aziende interdette dalla prefettura (33 in totale) avevano lavori di importo inferiore a 100mila euro. Expo va salvato costi quel che costi.DSC02404

Capiamo un attimo come funzione il sistema.

Quando un soggetto pubblico vuole realizzare un’opera, prima fa il progetto, poi ottiene il finanziamento da un soggetto finanziatore/controllore, nel caso degli appalti di Expo, Regione Lombardia e Governo; poi esce un bando pubblicato su diversi giornali e siti (BURL etc).

Fatto il bando, con uno dei cento modi possibili (dal massimo ribasso all’offerta tecnica più vantaggiosa) la gara viene aggiudicata provvisoriamente al vincitore, e solo a questo punto scattano i controlli. I controlli consistono in due filoni principali, quello amministrativo e quello cosiddetto antimafia. Il controllo amministrativo riguarda la struttura societaria (spesso alla gara concorrono Associazioni Temporanee di Imprese che partecipano solo con l’impegno a diventare tali in caso di aggiudicazione), le fidejussioni, le assicurazioni, le regolarità contributive etc. Il controllo antimafia invece è affidato alla prefettura, che verifica la storia giudiziaria della società, e di tutte le persone fisiche che in qualche modo sono coinvolte nel soggetto vincitore: amministratori, revisori, sindaci, personale dirigenziale (Direttore Tecnico o altre figure). La Prefettura attinge ai propri archivi, al casellario, ma anche alla rete esistente tra prefetture e DIA o DDA. A volte arriva qualche segnalazione, spesso non arriva nulla, anche per soggetti che, sottoposti ad una banale analisi lombrosiana, farebbero pensare tutto il contrario.
In sintesi i controlli di DDA e Prefettura non sono poi tanto efficaci, colpiscono in modo parziale, come se scegliessero. Beccano quelli con precedenti, ma non capiscono di corruzione, di collusione e di quel livello paramafioso che collega appalti e politica. Non riescono assolutamente ad intercettare quelli che si muovono sul confine tra legalità e illegalità ne’ ad attivare con le Amministrazioni sane azioni preventive.

In questo contesto l’innalzamento a 100.000 € diventa terrificante, perchè questo importo “contiene” tutti quei mini-sub-appalti che i grandi General Contractor affidano a piccole imprese e cooperative per le attività di completamento e di finitura. E diventa più facile fare tanti contrattini consecutivi di 99.000 euro per ovviare ai controlli previsti dalla norma. Dentro questi contrattini, ovviamente, trovano posto precarietà forsennata (gente assunta giornalmente, un giorno sì e uno no, solo al martedì…Smilie: ;) degradazione pesante dei livelli di sicurezza, lavoro nero, sfruttamento, e altre simpatiche vicende. Una sola, per esempio (e nella fretta di Expo sarà regola): lavori fatti di fretta e male, opere o impianti eseguiti e pagati regolarmente, che non funzionano, si rompono, e necessitano di manutenzione appena finiti, urgente e costosa. Un modo con cui l’appaltatore si assicura un nuovo contratto, ai suoi prezzi, appena dopo la fine dei lavori. Di fatto una sorta di cresta sui lavori, una macchina perfettamente legale che aumenta il debito futuro, senza alcun beneficio (se non all’imprenditore ed ai suoi amici).

Questo vuol dire abbassare il livello dei controlli, altri che Protocollo di Legalità o Expo-mafia free. E non solo, la paura di non fare a tempo sta facendo si che anche dove le cose emergono non accade nulla con la conseguenza che: le aziende vincitrici di appalti grossi non vengono interdette perché altrimenti non si fa l’Expo, rifare le gare per i grossi appalti sarebbe troppo rischioso (vedi il caso Mantovani); le aziende vincitrici di appalti minore sono graziate; sulle altre fanno un po’ di statistica; quelle estere fanno contratti privati che bypassano le procedure di controllo per appalti pubblici. Ecco perché non esiste una versione legale di Expo e una illegale, sono simbiotiche, e allora per salvare Expo disposti a tutto.

A leggere Repubblica e Corriere sembra che siano alcuni personaggi – che stanno in posizioni chiave – che approfittano del ruolo per ricattare e per favorire amici e complici. Sembra che il potere politico ed economico così interessato al business Expo sia immune. Ma la situazione e’ di certo più profonda di così. Questo tecnici sono sicuramente connessi con i politici, altrimenti non sarebbero lì, ovvio. Allora invece che silenziare forse sarebbe il caso di chiedersi perché certe cose escono ora, quasi fosse in atto una specie di scontro di diversi gruppi per portarsi a casa fette più grandi di denaro e di potere. Favorire Maltauro (qui trovate un articolo di un anno fa in merito) o alcune Cooperative fa parte di una strategia che mira anche a tagliare fuori altri (non per forza onesti…Smilie: ;) e se scoppia il bubbone potrebbe essere il sintomo che alcune coperture sanno saltando e che altri raggruppamenti si stiano facendo sotto per accaparrarsi quello che c’è ancora in gioco. Insomma un quadro miserevole, un vero EXPOGATE, forse ancora lontano dall’essere finito, ma da cui emerge con chiarezza che se protagonisti e Imprese di primo piano sono conciate così, è pressoché certo che tutto quello che sta a valle, nelle catene degli appalti, dalla sicurezza nei cantieri, alla legalità sotto il profilo ambientale, alla qualità delle opere (stupido pagare un sacco di soldi per una cosa inutile, dannosa e pure fatta col culo), alla trasparenza di prezzi e tariffe, tutto è andato completamente a rotoli. Nel senso che la mafia, laddove ha davanti un vertice che tiene sotto il profilo della legalità, riesce al massimo a infiltrarsi nei livelli più bassi, con pochi affari e magheggi di scarsa importanza. Ma se il vertice è completamente compromesso, come sembra dai dati disponibili, allora tutta la baracca è marcia. E va da sé, che se i direttori sono quelli, vuol dire che il livello politico che li controlla è assolutamente concorde. È impossibile per un Direttore degli Investimenti agire in disaccordo col volere del Committente, cioè, nel caso dell’Expo, del livello politico che lo controlla e di cui è l’emanazione.

IMG_0763In questa situazione, chi deve pagare? Accertare (non lo deve fare la magistratura) responsabilità politiche e fare uscire allo scoperto le primedonne per rompere definitivamente l’asse del consenso cittadini/istituzioni indispensabile ad organizzare un evento di questo tipo. Non può essere ancora solo un Greganti o altri faccendieri a pagare le malefatte (funzionali a far girare una carretta che altrimenti non girerebbe) di istituzioni che rimangono in piedi tali e quali ed anzi approfittano del caos per riorganizzarsi.

Forse Expo 2015 non salterà, la Via d’acqua, vorrebbe un minimo di decenza vista l’inchiesta in corso, dovrebbe essere cancellata, di sicuro all’Expo flop annunciato questo Expogate aggiunge ulteriori spinte al ribasso delle quotazioni, e già in questi giorni Renzi, Maroni e Pisapia si fanno in quattro per difendere Sala, l’immagine e l’immaginario di Expo2015.

Per noi Expo ha già perso, il suo immaginario è già morto (e tutto questo non ci farà certo piangere o dispiacere) e con esso una classe politica drammaticamente inconsistente, completamente asservita ai molti gruppi di potere economico-finanziario-mafioso che si stanno contendendo la torta a colpi di clava e capace solo di delegare a Giuseppe Sala i poteri eccezionali con cui governa la macchina di Expo, secondo una prassi tipica del nostro paese, quella dei supercommissari alla Bertolaso per capirci. Per la sua responsabilità di Amministratore Delegato e di Commissario Unico di Expo nel gestire risorse pubbliche enormi in maniera così superficiale e scellerata, le dimissioni sono il minimo che ci si attende da Sala, pur sapendo che dopo di lui ne verrà un altro e non è detto sia meglio.